Quando le elezioni erano una festa

Quando le elezioni erano una festa

Mi sembra ieri.
Il Venerdì sera gli ultimi comizi, gli ultimi giri per incollare i manifesti rovinati, strappati o coperti dal "nemico", nemico che incrociavi per strada con le medesime intenzioni.
Il Sabato, anche al bar, neanche si parlava delle elezioni per paura di infrangere chissà quale regola.


La Domenica mattina "sentivi" che era festa, e non perché fosse Domenica, ma perché era giorno di elezioni.


Avevi passato le settimane precedenti a discutere a più non posso con parenti, amici, compagni di lavoro, tu a cercare di convincere loro delle tue buone ragioni e loro idem con te.
Ognuno attaccato ai propri ideali, perché allora gli ideali c'erano.


E non stò parlando degli anni immediatamente succesivi alla guerra, no, mi riferisco a metà degli anni ottanta, subito prima che tangentopoli disintegrasse tutto.


Gli ideali.
Ricordo che militavo in un partitino, numericamente poco più che ridicolo, ma con personaggi stimati ed ascoltati da tutti, personaggi cui bastava un'espressione del viso per esprimere mille cose. Personaggi la cui dirittura morale era al di sopra di qualsiasi sospetto, più e meglio di Calpurnia.


Sto parlando di persone che avevano veramente "la forza della ragione", che non ricordo di aver mai visto con l'espressione cattiva, per non dire carognesca, letta sul volto di Berlusconi.


Quelli non erano padroni del partito: erano leader veri e propri, ascoltati e rispettati anche dagli avversari. Di personaggi così, alla Ciampi o alla Pertini solo per fare due esempi, ce n'era in ogni partito.

Erano le guide morali e la politica, con loro, non s'è mai imbarbarita.


Andavi al seggio, con il tuo bel certificato elettorale in tasca, dove trovavi amici e conoscenti, chi a fare lo scrutatore, chi il rappresentante di lista, chi semplicemente ad aspettare per salutare altri, ma tutti cordiali, sorridenti, indipendentemente dalle idee.


Infilata la scheda nell'urna, un salto al bar a prendere un caffè, un ultimo saluto a tutti e si tornava a casa, ad attendere la sera del Lunedì, quando, lentamente, sarebbero incominciati ad arrivare i dati.
Fino a notte fonda.


Il giorno successivo ci si scambiava opinioni, previsioni su nuove o diverse coalizioni, su chi avrebbe fatto cosa, sempre scherzando, mai con animosità.
Ma dentro ognuno di noi, a fare da spirito guida c'erano sempre loro, gli ideali.
Ed era proprio grazie al confronto di ideali, spesso più diversi nei dettagli che non sui grandi temi, che si poteva essere e sentirsi diversi senza rancori, senza insulti.


Come tutto è diverso oggi.
Non sono diversi solo i partiti, buona parte dei politici (non tutti), ma siamo diversi noi.
I discorsi urlati, gli insulti che hanno attizzato risposte altrettanto insultanti, ci hanno allontanato sempre più.


Oggi si fatica a trovare, non partiti, ma politici da rispettare, da seguire, perché sono tutti presi in una macchina perversa, vorace.


In aggiunta, non hanno più ideali; se si scambiassero i programmi senza dircelo, non ce ne accorgeremmo.

E allora ?


Non ho risposte, non mi sò rispondere. Sò solamente che ormai mi ripugnano tutti, finti liberali, finti riformisti, finti finti.


Vedo poca onestà politica, solo ambizione di sedere sulle poltrone che contano.
Gli elettori ?

Come dice il carissimo Cetto Laqualunque: 'nto culo agli elettori !!

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